CERTIFICATO di AGIBILITA’

Assenza – Conseguenze

            Probabilmente il certificato che genera – con la propria assenza – il maggior numero di cause è quello di agibilità / abitabilità. Si pensi che solo nel 2023 ci sono state almeno 20 sentenze della Cassazione! In quattro mesi.

            Una recentissima sentenza del Tribunale di Roma ed in specie quella della sez.  V, 03/02/2023, n.1801 offre il destro per occuparci della questione. Sancisce detta sentenza che: L’immobile privo di certificato di agibilità può essere compravenduto, ma le conseguenze dell’omissione sono differenti a seconda dello stato dell’immobile

“Fermo restando che un immobile può essere acquistato e/o venduto anche se privo del certificato di agibilità, l’assenza di tale documento può produrre diverse conseguenze: 1. l‘immobile non possiede i requisiti per ottenere l’agibilità (ad esempio, perché si tratta di un edificio abusivo) ed in tal caso, il contraente può chiedere la risoluzione del contratto, il risarcimento dei danni e la restituzione delle somme già corrisposte; 2. se invece l’immobile è idoneo all’agibilità, ma il certificato non è stato mai chiesto, è il venditore che deve attivarsi per presentare la relativa istanza all’ente competente. In caso contrario, il compratore può chiedere una diminuzione del prezzo di acquisto e un risarcimento commisurato al deprezzamento dell’immobile in conseguenza dell’assenza del certificato (Redazione Giuffrè 2023, NdR)”.

            Si tratta di una sentenza molto interessante perché espone in modo chiaro quali sono le possibili conseguenze dell’assenza del certificato di agibilità a seconda dello stato dell’immobile.

            Ma è meglio fare un passo indietro per capire meglio. Sino ad una ventina di anni fa la dottrina e la Giurisprudenza distinguevano tra certificato di abitabilità e quello di agibilità. Il primo era quello che veniva in rilevo per le abitazioni propriamente dette, mentre il secondo si riferiva a quegli edifici che, pur frequentati da esseri umani avevano altre destinazioni. Sennonché questo tipo di distinzione, di costruzione dottrinaria, non era suffragata da una legislazione adeguata. Il problema è stato risolto da D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, entrato in vigore il 30.6.2003) che parla esclusivamente di certificato di agibilità. Nell’uso comune di due termini sono sostanzialmente diventati sinonimi.

            Anche gli affetti dell’assenza del certificato de quo in caso di vendita hanno visto col decorrere del tempo, un grande cambiamento della Giurisprudenza.

            Per molti anni l’assenza del certificato di agibilità configurava un contratto nullo per violazione dell’articolo 1346 c. c. in quanto privo di “oggetto” per contrasto con la normativa urbanistica. In questo caso ci si richiamava all’obbligo previsto dall’art. 1477 c.c. a carico del venditore e, in specie, al III comma che prevede i documenti che devono essere forniti al compratore.

            Col passare del tempo i Giudici si sono orientati diversamente. Ora la tesi dominante è quella della vendita dellaliud pro alio. Infatti, in assenza del certificato di abitabilità – agibilità, il bene non è in grado di svolgere la funzione che gli è propria. Per usare un termine consumeristico si potrebbe dire che il bene non è conforme.

            Tradizionalmente si sogliono individuare tre tipi di patologie del negozio nel caso dell’assenza del certificato di agibilità: A) la vendita di aliud pro alio, che è una costruzione giurisprudenziale che si ravvisa quando il bene è privo dei requisiti essenziali o appartiene ad un genus diverso – in questo caso sono esperibili i normali rimedi per inadempimento previsto dagli articoli 1453 e ss. del codice civile; B) mancanza di qualità promesse o essenziali ex art. 1497 c.c. C) vizi redibitori, contemplati dagli artt. 1490 e ss. c. c. che si hanno quando la cosa sia affetta da “vizi che la rendano inidonea all’uso cui è destinata”; il problema in questo caso è dato dai termini brevissimi previsti dall’art. 1495 c. c. che prevede la decadenza del compratore se non denunzia i vizi al venditore entro soli otto giorni e con l’azione che si prescrive in un anno dalla denuncia. I termini stessi usati dal legislatore del codice civile suggeriscono una quarta via: quella ex art. 129 del Codice del Consumo per difetti del bene: lo stesso deve essere idoneo e corrispondere alla descrizione e, soprattutto deve essere idoneo agli scoppi. Esiste quindi una quarta via, peraltro destinata ai soli consumatori.  L’art. 135 bis fissa in un numero chiuso i rimedi, mettendoli anche in ordine. “Al consumatore viene attribuito il diritto al ripristino della conformità del bene (riparazione o sostituzione) e, in via gradata, alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto. Come vedremo in seguito nel caso di assenza del certificato per inidoneità al consumatore spetteranno normalmente solo i due rimedi secondari.

            I termini sono però diversi: nei primi due casi non ci sono decadenze e la prescrizione è quella normale decennale. Nell’ipotesi dei visi redibitori la decadenza e la prescrizione sono molto brevi: otto giorni per la denuncia e un anno per esperire l’azione. Anche nel caso del consumatore c’è una decadenza: il vizio deve essere denunciato entro due mesi ex art. 132 del codice del consumo, ma è assistito dalla presunzione che il vizio che si presenti entro 12 mesi sia imputabile al venditore. L’azione si prescrive in 26 mesi.

            Anche se la tesi di gran lunga dominante fra i Giudici è quella della vendita di aliud pro alio, la Cassazione stessa e molti Giudici di merito (vedi la recente sentenza del Tribunale di Roma citata in apertura) hanno correttamente distinto due ipotesi: il certificato è assente per vizi sanabili o insanabili della cosa ovvero è assente perché non è stata ancora domandata o per altri motivi, ma l’immobile non è affetto da vizi.

            Se il vizio è insanabile il contratto dovrà essere risolto oltre al risarcimento del danno

            Se il vizio è sanabile, il contrato resta valido ma il risarcimento dovrà essere valutato sulla base del spese necessarie all’adeguamento dell’immobile. Peraltro su questo punto è intervenuta la  recentissima Cassazione Civile sez. VI, del 28/03/2023 n.8751 che ha specificato che

La Corte d’appello, consapevole dell’orientamento di legittimità per cui la mancata consegna del certificato di agibilità o la sua assenza al momento del trasferimento di proprietà non comportano automaticamente la risoluzione del contratto e non configurano di per sé una vendita aliud pro alio (cfr. tra le varie, Cass. n. 17123/2020), ha ritenuto – con motivato accertamento in fatto – che, stante la conformazione del bene, “l’agibilità non poteva essere ottenuta semplicemente presentando le pratiche del caso, ma sarebbero stati necessari lavori di adeguamento, soggetti ad autorizzazioni edilizie che non si può avere certezza che sarebbero state concesse” è si è quindi alla presenza di vendita di aliud pro alio con conseguente risoluzione del contratto. In altre parole non si può obbligare il compratore di farsi carico del rischio della mancata concessione.

            In ogni caso quando ci si trovi di fronte ad un grave inadempimento del venditore, il compratore si potrà avvalere dell’eccezione ex art 1460 c. d. eccezione di inadempimento.: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l’altro non adempie…

            Infine, anche nel caso che il certificato sia solo mancante si potrà configurare l’obbligo di risarcire il danno quando la mancanza di detto certificato abbia, per esempio, limitato la commerciabilità del bene.

Trieste 5 maggio 2023

                        Avv. Angusto Truzzi

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