Assegno divorzile: revisione in caso di nuova famiglia

La Corte di Cassazione sez. I Civile, con ordinanza del 27.04.2023 n. 11155 ha statuito che in sede di revisione (ex art. 9 della Legge n. 898 del 1970) dell’assegno divorzile e di verifica delle circostanze sopravvenute che ne giustificano la revoca o la riduzione, debba essere vagliata anche la costituzione della nuova famiglia da parte dell’obbligato, in rapporto alle eventuali esigenze di mantenimento del nuovo coniuge.

Più precisamente si è affermato che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ex art. 143 c.c., comprendono anche i figli nati dal precedente matrimoniodi uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario, sottolineando la necessità di un equilibrio tra i nuovi doveri di solidarietà coniugale derivanti dalla formazione di una nuova famiglia e gli obblighi pregressi di solidarietà post-coniugale verso l’ex coniuge.

Nel caso di specie il Tribunale di Pescara in primo grado aveva respinto un ricorso proposto dall’ex marito volto ad ottenere la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile dovuto – € 560 mensili – nei confronti dell’ex moglie (art. 9 Legge 898 del 1970).

Il decreto del Tribunale veniva impugnato innanzi alla Corte d’Appello dell’Aquila che respingeva il gravame per la mancata dimostrazione da parte dell’ex marito di fatti sopravvenuti che giustificano la revisione, ritenendo “verosimile” che l’ex moglie – che aveva abbandonato in costanza di matrimonio il suo lavoro di psicologa su richiesta del marito per dedicarsi alla cura della casa e non era successivamente riuscita in ragione dell’età dopo il divorzio, 47 anni, a reinserirsi nel mercato del lavoro – disoccupata, avesse “incontrato difficoltà non facilmente superabili nel reinserirsi nella professione di psicologa” e che fosse stata costretta “nel tempo” ad indebitarsi con il fratello ed ad alienare tutti gli immobili di proprietà per ripianare quel debito, mentre l’ex marito disponeva di un reddito da pensione di € 1.800,00 mensili, nonché del reddito della seconda moglie (€ 600,00 mensili) e del canone ricavato dalla locazione di immobile di proprietà (€ 850,00 mensili), cosicché, detratte le spese (canone di locazione dell’appartamento in cui abita con il nuovo nucleo familiare, ratei dei mutui ed assegno divorzile dovuto all’ex coniuge) non essendo invece lo stesso tenuto a provvedere al mantenimento dei figli della seconda moglie, nati da precedente relazione della medesima, “rispetto ai quali non ha vincoli giuridici“, aveva un reddito sufficiente per il sostentamento della famiglia.

La Corte d’Appello ha dunque preso in considerazione i fatti allegati dalle parti – costituzione di una nuova famiglia da parte del ricorrente, i rispettivi redditi, le vendite di immobili di proprietà da parte della ex moglie, lo stato di disoccupazione di quest’ultima – non ravvisando la sopravvenienza di circostanze idonee a giustificare la revisione dell’assegno divorzile fissato nel 2003.

Veniva proposto ricorso per Cassazione, con unico motivo la nullità del decreto per omessa, illogica o apparente motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., deducendo che la Corte d’Appello dell’Aquila avesse omesso di considerare adeguatamente le circostanze sopravvenute allegate, in ordine al nuovo nucleo famigliare costituito dal ricorrente con la seconda moglie e con i due figli di questa, nati da una precedente relazione sentimentale e riconosciuti solo dalla stessa (uno minorenne ed altra maggiorenne ma non autosufficiente economicamente), con conseguente sensibile riduzione del reddito personale.

In accoglimento del ricorso è stato cassato il decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione per un nuovo esame.

La pronuncia di legittimità ha rilevato che pur trattandosi quello di merito di procedimento in camera di consiglio (artt. 737 ss. c.p.c.) “la motivazione del decreto che conclude il procedimento camerale è necessaria, ai sensi dell’art. 737 c.p.c. e della Cost., art. 111, affinché possano essere individuati il “thema decidendum” e le ragioni della decisione, ma può essere sommaria e, qualora il decreto sia inserito nel processo verbale d’udienza – come consente l’art. 135 c.p.c. -, può desumersi dal complesso di quanto è stato verbalizzato, sotto la direzione del giudice, e dal dispositivo che conclude il verbale stesso “.

La Corte, richiamando altra sua giurisprudenza (Cass. n. 2776/2004) ha rilevato che la motivazione seppur sommaria (esposizione dei fatti di causa e dello svolgimento del procedimento), deve sempre consentire di comprendere chiaramente le ragioni fondanti la decisione e ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. 6758/2022; Cass. 13977/2019; Cass. S.U. 22232/2016).

Nella specie, il provvedimento impugnato non consentiva di far conoscere il “fondamento della decisione”, non indicando la fonte del raggiunto convincimento circa l’assenza di giustificati motivi sopravvenuti per la revisione delle condizioni economiche del divorzio, a prescindere dalle affermazioni della stessa parte resistente la quale avrebbe dedotto di avere dovuto vendere i suoi beni immobili per far fronte a debiti contratti con il fratello, e di non essere “più riuscita ad inserirsi nella professione, anche in considerazione dell’età”, tanto da essere ancora iscritta (dalla separazione dal marito) nelle liste di disoccupazione.

Sulla base quindi soltanto di tali dichiarazioni, e senza indicare alcuna fonte di prova, la Corte territoriale ha ritenuto “verosimile” che la resistente non sia più riuscita a trovare lavoro (sulla base dell’età – 47 anni – all’epoca del divorzio) e “verosimile” che la stessa abbia contratto debiti con il fratello, senza compiere alcun accertamento in ordine alla effettiva esistenza ed ammontare di tali debiti, alla effettiva e comprovata destinazione della intera, rilevante somma di € 250.000 al loro ripianamento.

Ancora gli Ermellini rilevano che il giudizio di verosimiglianza si attaglia alla materia cautelare, fondata su valutazioni ancorate al fumus del diritto azionato, non certo ai giudizi ordinari di cognizione che per loro natura si fondano su acquisizioni probatorie, cioè prove in senso tecnico, costituenti materiale cognitivo idoneo a produrre un risultato di certezza.

Neppure è esente da critiche motivazionali la decisione impugnata in relazione alla questione circa le sopravvenute esigenze, allegate e dimostrate dal ricorrente ai fini della richiesta, quantomeno, di riduzione dell’assegno divorzile verso l’ex coniuge, di mantenimento del nuovo nucleo familiare con la seconda moglie ed i di lei figli, pur dovendo la costituzione della nuova famiglia essere valutata ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno dovuto all’ex coniuge (Cass. 16789/2009).

La Cassazione censura la decisione della Corte territoriale in cui la stessa si limita ad asserire, con affermazione del tutto apodittica, che il ricorrente non sarebbe tenuto, in difetto di “vincoli giuridici”, a mantenere i figli della nuova moglie, senza valutare le eventuali esigenze di mantenimento di quest’ultima e senza considerare le regole di solidarietà vigenti, ai sensi degli artt. 143 e ss. c.c., in ambito familiare, anche nei confronti dei soggetti non legati da vincoli di sangue con l’obbligato, se gli altri soggetti tenuti al “sostegno alimentare” (in senso Europeo) non hanno la possibilità di farlo.

A sostegno della tesi che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell’art. 143 c.c., comprendano anche i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario, la Corte Costituzionale già nel 1988 (sentenza n. 181/1988) ha affermato che “gli obblighi che incombono su entrambi i coniugi verso la famiglia ai sensi dell’art. 143 del vigente c.c. non possono non comprendere anche i figli nati dal precedente matrimonio di un coniuge (sciolto per divorzio), ove questi ne sia affidatario e sempreché l’altro genitore non provveda; condizioni, queste, la cui sussistenza dovrà essere accertata dall’amministrazione o dal giudice di merito, costituendo esse il presupposto di legge perché sorga il diritto a percepire l’aggiunta di famiglia“.

A livello sovranazionale, anche la Corte di Giustizia nel 2016 si è pronunciata – in relazione al diritto di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione e in tema di ambito e portata dei sussidi economici dello Stato per gli studi dei figli dei lavoratori – sulla necessità di assicurare che anche i figli del coniuge o del partner riconosciuto dallo Stato membro di accoglienza del lavoratore frontaliero possano essere considerati come figli dello stesso, laddove quest’ultimo provveda al loro mantenimento, al fine di poter beneficiare del diritto di percepire il sussidio (Corte Giustizia UE sez. II, 15/12/2016, n. 401).

Concludendo, in sede di revisione dell’assegno divorzile e di verifica delle circostanze sopravvenute che ne giustificano la revoca o la riduzione (ex art. 9 Legge 898 del 1970) deve essere vagliata anche la costituzione della nuova famiglia da parte dell’obbligato in rapporto alle eventuali esigenze di mantenimento del nuovo coniuge, considerando che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell’art. 143 c.c., comprendono anche i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario, il tutto sempre nell’ottica del necessario bilanciamento, rispetto al soggetto obbligato al versamento dell’assegno divorzile, tra i nuovi doveri di solidarietà coniugale nascenti dalla costituzione del nuovo nucleo famigliare ed i pregressi doveri di solidarietà post-coniugale verso l’ex coniuge.

Trieste, 19 maggio 2023

                                               Avv. Emanuela Sofia

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