Cassazione: addebito della separazione in caso di affettuosità pubblica sintomatica di rapporto.

La Corte di Cassazione, sez. I civile con l’ordinanza n. 12190 del 8 maggio 2023 ha statuito che per l’addebito della separazione, non è necessaria la prova di infedeltà o di un rapporto sessuale esplicito, ma basta la dimostrazione di affettuosità pubblica sintomatica di un rapporto amoroso, intimo, fisico e che può desumersi anche dal contenuto di messaggi inviati dal coniuge fedifrago all’amante.

In primo grado il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, respingendo la domanda di addebito alla moglie formulata dal marito, lo condannava al pagamento di un assegno di mantenimento per la moglie ed i quattro figli stabilito per la complessiva somma di € 1.000 mensili.

Il soccombente proponeva appello deducendo a sostegno della domanda di addebito: 1) la seduzione della moglie da parte di un collega del marito attraverso lo scambio di messaggi inequivoci sui social network; 2) un’altra nuova relazione della moglie nella modalità “a distanza” e 3) un’altra relazione con un uomo, con il quale la coniuge era stata sorpresa dal marito in auto nel parcheggio di un supermercato.

In secondo grado la Corte d’Appello di Napoli ha rammentato che ai fini dell’addebito non occorre la prova dell’infedeltà e la flagranza dell’amplesso ma delle sole effusioni affettuose compatibili con il luogo pubblico e allo stesso tempo sintomatiche di un rapporto amoroso, intimo, fisico. 

In particolare nel caso di specie l’intimità del rapporto clandestino che ha determinato la disgregazione del vincolo coniugale era stata provata – più che dall’incontro nel parcheggio del supermercato in sé – dal tenore amoroso usato dalla moglie in un messaggio diretto proprio all’uomo in questione.

Di più: il carattere offensivo della dignità e dell’onore del marito, causato dalla dimostrazione inequivocabile dell’intimità tra la moglie e l’altro uomo, era derivato sia dal messaggio che, nondimeno, dalla reazione dell’uomo, il quale durante l’incontro in macchina nel parcheggio del supermercato era letteralmente fuggito alla vista del marito.

La moglie proponeva con tre motivi ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che le dava torto, al quale resisteva il marito con controricorso.

La ricorrente nel primo motivo (ritenuto infondato) lamentava che la Corte d’Appello avrebbe “deciso oltre i limiti di quanto devolutole, in violazione delle regole del processo e con compressione delle prerogative difensive dell’appellata“.

La Suprema Corte (richiamando anche Cassazione n. 20932 del 2019) ricorda che il vizio di “ultra” od “extra” petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese ed eccezioni fatte valere dalle parti oppure su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che il giudice è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate dalle parti, ma anche di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo sotteso all’esatta applicazione della legge.

Si è pure chiarito (richiamando Cassazione n. 8048 del 2019) che il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori.

Nel caso di specie è stata ritenuta esclusa la ricorrenza del vizio de quo, essendosi il Giudice di appello mantenuto all’interno del perimetro della causa petendi – accertamento dei tradimenti della moglie- e del petitum – pronuncia di addebito della separazione.

Con il secondo motivo (ritenuto inammissibile) la ricorrente lamentava che la Corte di Appello di Napoli avrebbe, da un lato, affermato che l’incontro con l’uomo del parcheggio aveva integrato una relazione denotante l’infedeltà nonostante l’esistenza di effusioni affettuose fra la ricorrente e l’altro uomo fosse stata dalla stessa negata e non risultasse provata dal resistente. Parimenti erroneo sarebbe il richiamo operato dalla Corte d’Appello al messaggio relativo alla chat privata di Facebook avendo lo stesso giudice, in sintonia con quanto ritenuto dal Tribunale, affermato che i messaggi anzidetti erano privi di efficacia probatoria.

La Cassazione ha precisato che “una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso – sempre valutandole secondo il suo prudente apprezzamento – delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (richiama anche Cassazione n. 6774 del 2022).

La Corte di Cassazione ha valutato l’incidenza dell’incontro amoroso sulla disgregazione del vincolo coniugale come questione che si sottrae al controllo di legittimità ma ha, allo stesso tempo attribuito valore probatorio al messaggio inoltrato dalla moglie all’uomo del parcheggio e da ciò desunto la prova dell’affettività ed intimità della relazione.

Anche se la Corte territoriale aveva in precedenza effettivamente escluso che il materiale documentale concernente chat e social fornito dal marito potesse fornire elementi a sostegno degli addebiti di infedeltà mossi dal ricorrente alla moglie (con riguardo ai rapporti virtuali), aveva anche ritenuto che fosse onere dell’appellante confutare le deduzioni del Tribunale in ordine alla inidoneità probatoria dei documenti prodotti, sia sul piano formale e processuale che su quello della veridicità del loro contenuto in termini di vera e propria infedeltà.

A tutt’altre conclusioni la Corte giunge però relativamente al messaggio della coniuge indirizzato all’uomo del parcheggio: il giudice di seconde cure, preso atto della valutazione del Tribunale in ordine alla non contestazione dell’episodio relativo all’incontro della donna con un uomo all’interno di un parcheggio, ha desunto il carattere offensivo della dignità e dell’onore dell’altro coniuge 1) dal tenore del messaggio inviato dalla donna al medesimo soggetto coinvolto in quell’incontro e 2) dal comportamento dell’uomo, fuggito alla vista del marito della donna, reazione questa inequivocabilmente sintomatica dell’intimità tenuta dai due nel corso dell’incontro.

Un tanto la Corte d’Appello di Napoli ha qualificato tale episodio come antecedente causale della separazione, vista anche la limitatezza dell’asse temporale intercorso fra l’episodio stesso e la proposizione del ricorso per separazione.

La valutazione resa dalla Corte d’Appello si sottrae perciò alle censure espresse dalla ricorrente.

Con il terzo motivo (ritenuto infondato) infine è stata prospettata la violazione degli articoli 111 della Costituzione, 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. (la Corte d’Appello anziché esaminare l’appello incidentale condizionato alla questione dell’addebito della separazione, l’avrebbe ritenuto assorbito senza alcuna motivazione sul punto).

La censura è stata ritenuta infondata, ritenendo la Suprema Corte solo di correggere la motivazione della sentenza impugnata laddove ha dichiarato assorbito l’esame dell’appello incidentale condizionato (che è stato lo stesso giudice dell’impugnazione ad esaminare e disattendere implicitamente nell’aver riconosciuto ai fini della pronunzia di addebito della separazione efficacia causale al fatto relativo all’incontro in auto nel parcheggio scoperto dal marito).

La vicenda giudiziale si concludeva quindi con il rigetto del ricorso di legittimitàcon condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Trieste, 21 giugno 2023

Avv. Emanuela Sofia

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