Il diritto di ABITAZIONE è un diritto reale di godimento su cosa altrui. E’ personale (il titolare è comunemente chiamato habitator in latino) ed è riconosciuto a vantaggio delle sole persone fisiche (non a quelle con personalità giuridica)
Nella nostra legislazione è regolato dall’articolo 1022 c. c. (libro III della proprietà) che sancisce: “Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia”.
Il diritto di abitazione si costituisce per testamento, per contratto (necessario l’atto pubblico), usucapione, per legge (articolo 540 c. c. – e oggi di questo ci occupiamo) a favore del coniuge superstite e, in caso di separazione o divorzio, per sentenza del Giudice (il diritto sorge in capo al coniuge che ha l’affidamento dei figli).
Due caratteristiche particolarmente rilevanti del diritto di abitazione sono:
a) è impignorabile;
b) si applicano, in quanto compatibili, le norme relative all’usufrutto (per esempio per calcolarne il valore)
Ma vediamo che cosa dice l’art. 540 c. c. RISERVA A FAVORE DEL CONIUGE: “a favore del coniuge è riservata metà del patrimonio dell’altro coniuge, salvo quanto previsto dall’articolo 542c. c. per il caso di concorso con i figli. Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza famigliare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibili, e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli ”
E’ il caso di acquisto del diritto di proprietà per legge, ope legis, come direbbero i latinisti. Questo nel caso della successione legittima o “ab intestato”.
Nel caso invece che il diritto di abitazione sia previsto in un testamento le cose sono leggermente diverse. Come correttamente scrive l’illustrissimo Giudice di Cassazione dottor Andrea Nocera (addetto al Massimario) commentando una Sentenza della Corte di Appello di Catanzaro ed in specie, la sentenza n. 322/2020 del 2 marzo 2020 – Prima Sezione civile della Corte di Appello di Catanzaro, ha scritto su altalex: “in tema di successione testamentaria, ha affermato che, ai sensi dell’art. 540, comma 2, cod. civ.: a) i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano – id est, il loro valore capitale – si sommano alla quota riservata al coniuge in proprietà; b) tali diritti gravano, in primo luogo, sulla porzione disponibile, che deve essere calcolata, ai sensi dell’art. 556 cod. civ., sul patrimonio relitto; c) alla quota di riserva del coniuge nella successione necessaria, determinata ex artt. 540 e 541 cod. civ. devono essere aggiunti i diritti di abitazione e di uso in concreto; d) solo ove se la disponibile non sia sufficiente, i diritti di abitazione e di uso gravano, anzitutto, sulla quota di riserva del coniuge, che viene ad essere diminuita della misura proporzionale a colmare l’incapienza della disponibile e, in caso di incapienza anche della quota di riserva del coniuge, tali diritti gravano sulla riserva dei figli o degli altri legittimari.
Nel caso di specie, la Corte, nell’accogliere la censura degli eredi legittimari ha richiamato l’orientamento di legittimità (Cass. Civ., Sez. 2, n. 9651 del 19/04/2013), in tema di successione Nella parte motiva della sentenza si evidenzia altresì che tali criteri operano esclusivamente nei casi di successione testamentaria, in quanto, nei casi di successione ab intestato, spettando al coniuge superstite i diritti di abitazione sulla casa familiare in aggiunta alla quota attribuita dagli
artt. 581 e 582 cod. civ., il valore capitale di tali diritti deve essere detratto dall’asse prima di procedere alla divisione dello stesso tra tutti i coeredi, con un meccanismo simile a uello del prelegato (cfr. Cass. SS. UU. Civ. n. 4847 del 27/02/2013).
In altre parole in caso di testamento il diritto di abitazione viene calcolato all’interno della quota del coniuge superstite, nel caso di successione legittima il diritto di abitazione si somma alla quota attribuitagli del codice civile.
Già, ma in quali casi NON spetta al coniuge? In tre casi:
a) quando la casa è in affitto;
b) quando la casa non sia adibita a residenza famigliare e
c) quando l’immobile non sia di esclusiva proprietà del de cuius o in comunione. Se vi sono dei terzi proprietari il diritto di abitazione non spetta al coniuge superstite (Cfr. Cass. Ord. 29162/21 del 20 ottobre 2021)