IMPORTANTE SENTENZA DELLA CASSAZIONE (n. 34.590 pubblicata l’11.12.2023) sulla gratuità della retta per i malati del morbo di Alzheimer quando siano inscindibili la parte sanitaria e quella assistenziale (in allegato la versione blind – inertizzata )

            Spesso la Suprema Corte viene investita della problematica se siano dovute o meno dal paziente o dai suoi parenti la tariffa, rectius la retta (sul punto vedi sotto) per le spese per i malati di Alzheimer e non solo.

            Chi scrive – unitamente all’avvocato Francesco Trebeschi del foro di Brescia, ha visto per l’ennesima volta, di recente, confermare quanto sempre sostenuto dai legali dei consumatori – pazienti: “non è dovuta la retta per i malati di Alzheimer quanto siano inscindibili l’aspetto sanitario e quello assistenziale. La stessa Corte definisce come “granitica” la propria Giurisprudenza in materia.

            Stiamo parlando della sentenza n. N. 34.590 pubblicata il 12.12.2023. Importante notare come questa sia la III sentenza nel solo 2023 che dia ragione ai consumatori / pazienti. A conferma che ormai la Giurisprudenza della S. C. è non solo stabilizzata, ma uniforme, tanto che stanno arrivando le prime Ordinanze di rigetto dei ricorsi contrari a questo orientamento. Ovviamente NON risultano sentenze contrarie.

            La suddetta sentenza va , quindi ad aggiungersi a Cass. 3038/23 e 13.714/23. Per completare per tutto l’anno passato un quadro uniforme e stabile.

            Esaminiamo brevemente la sentenza in esame, visto che, da un punto di vista giuridico poco ormai resta da aggiungere, vista la chiarezza della normativa e l’interpretazione uniforme ella Cassazione.

            Innanzi tutto il fatto. La signora per cui è stata data la sentenza, nell’ultimo periodo della propria vita era affetta da varie e gravi patologie: insufficienza renale, embolia polmonare, cardiopatia, ipertensione e morbo di Alzheimer di grado grave. Per l’effetto venne ricoverata in Casa di riposo convenzionata dall’inizio del 2010 a metà del 2014 quando venne meno. In questo periodo vennero versate rette per oltre 80 mila euro.

            Dopo la morte del genitore i figli citarono in giudizio la Casa di risposto sostenendo che: – nulla era dovuto perché le spese erano integralmente a carico del SSN –  dichiararsi la nullità dell’impegno al pagamento della retta in quanto contrario a norme imperative e, per l’effetto, – ottenere la restituzione della somma in quanto indebitamente versata.

            In primo grado il Tribunale di Trieste respingeva la domanda degli eredi che la appellavano.

            Come riassume la Cass. “La Corte d’appello di Trieste con sentenza n…  in accoglimento della domanda, riformava integralmente la sentenza di primo grado. Precisamente: dichiarava la nullità parziale dell’accordo per il ricovero di …. Omissiscondannava la Casa di riposo omissis   al pagamento dell’intera somma oltre agli interessi”.

            Contro la sentenza di Corte d’appello veniva proposto Ricorso presso la SC dalla Casa di riposo. Hanno resistito con controricorso gli attori originari.

            Veniva deciso di trattare la causa in pubblica udienza. Il procuratore generale per 4 domande su 5 dava ragione ai figli della defunta e si opponeva solo sulla determinazione del quantum debetuar.

            Il ricorso della Case di riposo si basava su cinque motivi; non è il caso di ricordare il primo, eminentemente processuale e da “addetti ai lavori”. Viceversa merita esaminare i motivi secondo terzo e quarto che, in quanto connessi, vengono presi in considerazione e respinti dalla Cassazione congiuntamente (pagg. 8 e ss.).

            La Suprema Corte iniziava col ricordare che le questioni sottese al Ricorso erano già state esaminate sempre nel 2023 con le sentenze succitate (Cass. 3038/23 e 13.714/23).

            Segue un breve riassunto della normativa sanitaria in materia che riportiamo di seguito in breve:

            “A) occorre premettere che il d. Lgs 19giugno 1999 n. 219 (norme per la razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale…modificando il D. Lgs 30 dicembre 1992 n. 502):-  ha demandato alla Regioni l’organizzazione distrettuale delle Unità Sanitarie locali, in modo da garantire “l’erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate ai comuni – ha espressamente definito “prestazioni socio sanitarie… tutte quelle attività atte a soddisfar, mediante percorsi assistenziali integrati bisogni della salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale, in grado di garantire ANCHE NEL LUNGO PERIODO (maiuscolo di chi scrive NdR) la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione. Detto decreto legislativo  ha demandato a successivo atto di indirizzo e coordinamento la dettagliata delle prestazioni … omissis …Tale atto di indirizzo e coordinamento è stato emanato coil DPCM del 14 febbraio del 2001 (c. .d Decreto di San Valentino NdR)a cui poi è subentrato (in verità ha innovato solo parzialmente NdR )il DPCM del 12 gennaio 2017 ”

            A questo punto la Cassazione ribadisce quello che è il punto principale della Sentenza (e della Giurisprudenza uniforme della Suprema Corte):

            “D’altronde, in base al DPCM del 20 novembre 2001, le cui norme sono cogenti ai sensi dell’art. 54 delle legge 289 del 2002 il Servizio Sanitario è obbligato a garantire le occorrenti prestazioni (domiciliari, semiresidenziali e residenziali) agli anziani cronici non autosufficienti, ai malati di Alzheimer e ai pazienti colpiti da altre forme di demenza senile, nonché ai soggetti con handicap intellettivo grave e con limitata o nulla autonomia…. Omissis Poiché detti obblighi sono previsti dai livelli essenziali di assistenza (c. d. l.e.a.), le ASL e i comuni singoli e associati non possono negare o ritardare le prestazioni, adducendo la mancanza di risorse economiche. Invero l’obbligo dell’attuazione dei l.e.a. da parte del servizio Sanitario e dei comuni è sancito dall’art. 117 della Costituzione e rientra tra i “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Ed il Consiglio di Stato con sentenza n. 1607/2011 ha stabilito che l’evidenziazione della situazione economica del solo assistito (soggetto con handicap permanente grave o anziano ultra sessantacinquenne non autosufficiente ) contenuta nei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000 costituisce uno dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire in modo uniforme ne’’intero territorio nazionale … omissis”  ” (NdR il neretto e le sottolineature sono di chi scrive)

            In base a quanto detto , la Cassazione ha ravvisato nella “individuazione di un trattamento terapeutico individualizzato – e dunque, non connotato da occasionalità -il discrimen – per ritenere la prestazione socio assistenziale “inscindibilmente connessa a quella sanitaria e, quindi, soggetta al regime di gratuità propria di quest’ultima” (NdR neretto redazionale). C) quanto ai soggetti gravemente malati del morbo di Alzheimer, la Sezione I di questa corte, con sentenza n.4558 del 2012 ha chiarito che “l’attività prestata in favore di soggetto gravemente affetto dal morbo di Alzheimer ricoverato in Istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria, quindi di competenza del SSN ai sensi dell’articolo 30 della Legge 730 del 1983, non essendo possibile determinare  le quote di natura sanitaria e detrarle da quella di natura assistenziale, stante la loro stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime sulle seconde… omissis … ne consegue la non recuperabilità, mediante azioni di rivalsa a carico dei parenti del paziente, delle prestazioni di natura assistenziale erogate dal Comune… omissis Quindi, nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria non possano essere eseguite se non congiuntamente alle attività di natura socio – assistenziale, cosicché non sia possibile discernere il realtivo onere economico, prevale, in ogni caso, la natura sanitaria del servizio, in quanto le altre prestazioni – di natura diversa – debbono ritenersi unite alle prima da un nesso di strumentalità necessaria…”

            Che altro dire? La Cassazione ha ormai un’interpretazione stabile. La Suprema corte stessa la autodefinisce “granitica”. Stupisce che i Giudici di primo grado e alcune Corti territoriali non si adeguino a tali principi.

            La sentenza in esame rileva anche per l’importante precisazione che viene fatta a pagina 15:  sulla differenza tra RETTA e TARIFFA: “la retta invero si distingue dalla tariffa: la prima corrisponde alla quota richiesta all’ospite o al Comune nelle prestazioni sociosanitarie, mentre la seconda è definita dalla Regione ed è corrisposta all’Ente dal Servizio sanitario”.

            Nonostante questo numerosi Comuni, Case di Riposo, RSA e via discorrendo continuano a chiedere ai pazienti o ai parenti rette non dovute.

            Non resta che auspicare che i Tribunali e le Corti territoriali si adeguino ai dicta della Suprema Corte.

Trieste, 29 febbraio  2024

                                                                                  Avv. Augusto Truzzi

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