La liquidazione controllata del sovraindebitato nel Codice della Crisi:

La liquidazione controllata del sovraindebitato è una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, attivabile anche su domanda dei creditori, disciplinata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza ex D. Lgs. n. 14/2019 (CCII), entrato in vigore il 15 luglio 2022 andando a sostituire quanto sancito dalla Legge 3 del 2012 e successive modifiche ed è diretta alla liquidazione del patrimonio del debitore ed alla ripartizione dell’attivo tra i creditori, nel rispetto del principio di par condicio creditorum.

La liquidazione controllata è una procedura concorsuale – che consente al debitore di beneficiare, a determinate condizioni dell’esdebitazione, con liberazione dei debiti rimasti insoddisfatti – a carattere non negoziale bensì esecutivo – satisfattivo, finalizzata a liquidare l’intero patrimonio (rectius i beni pignorabili) del debitore e ad utilizzare il ricavato per soddisfare i creditori, nel rispetto della par condicio creditorum, similmente a quanto avviene nella liquidazione giudiziale (e come la liquidazione giudiziale costituisce lo strumento residuale per la definizione della crisi da sovraindebitamento).

La procedura si basa sull’attività di un organo al quale è attribuito il potere di disposizione ed amministrazione del patrimonio del debitore, al fine della migliore liquidazione (di tipo forzato) e del successivo riparto tra i creditori, non costituendo un beneficio per il sovraindebitato, bensì un’opportunità di liquidazione collettiva a favore di tutti i creditori, con condizioni di accesso a tale procedura meno stringenti rispetto a quelle della ristrutturazione dei debiti del consumatore ed a quelle del concordato minore.

In particolare, per accedere alla procedura di liquidazione non è necessario il consenso dei creditori né tantomeno deve ricorrere il requisito della meritevolezza, (richiesta invece per l’ottenimento del beneficio dell’esdebitazione del debitore). 

Lo stato di dissesto deve essere ragionevolmente scaturito da avvenimenti inaspettati e non prevedibili all’atto della richiesta del credito con conseguente esclusione della malafede del debitore.

Possono accedere alla procedura i consumatori (persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta), e imprenditori commerciali c. d. sotto soglia (che non superino la soglia di fallibilità) gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c.), start-up innovative, o comunque imprenditori che, al momento di presentazione della domanda, non siano assoggettabili a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza (c.d. profilo soggettivo).

Il debitore deve trovarsi in stato di sovraindebitamento o di vera e propria “insolvenza” (cioè non essere più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni) o anche solo di crisi, cioè nella situazione in cui l’insolvenza è statisticamente probabile (in quanto manifestata dall’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi), ma non certa (c.d. profilo oggettivo).

Diversamente dalla ristrutturazione dei debiti del consumatore e dal concordato minore, sono legittimati a domandare l’apertura della procedura sia debitore sia i creditori, con la conseguenza che la procedura di liquidazione controllata può essere aperta anchein via coattiva, cioè contro la volontà del debitore.

La domanda si propone con ricorso da depositare presso il Tribunalenel cui circondario il debitore ha il centro principale degli interessi.

Se iniziativa è assunta dal debitore, il ricorso può essere presentato anche senza patrocinio di un legale poiché interviene obbligatoriamente l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) con compiti sia di assistenza del debitore che di ausilio del Tribunale.

I creditori sono legittimati a chiedere l’apertura della procedura anche se non sono muniti di titolo esecutivo: in questo caso il Tribunale procederà ad un accertamento incidentale sulla sussistenza del credito (soprattutto nel caso in cui il debitore contesti l’esistenza o l’ammontare del credito stesso).

I requisiti affinché i creditori possano presentare domanda per adire alla procedura sono: 1) il debitore è insolvente, non essendo sufficiente che il debitore versi in stato di crisi; 2) l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria deve essere superiore ad € 50.000;

Quando l’accesso alla procedura è richiesto dai creditori, il debitore può respingerlo se l’OCC attesta, su richiesta del debitore, che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie, o può chiedere di accedere ad un’altra procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui al capo II del titolo IV (ristrutturazione dei debiti o concordato minore).

Il Tribunale, in assenza di domande di accesso alle procedure negoziali di ristrutturazione dei debiti del consumatore o di concordato minore e verificati i presupposti e le condizioni, dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione controllata (art. 270 CCII).

Con la sentenza, il Tribunale: 1) nomina degli organi della procedura (giudice delegato e liquidatore); 2) assegna il termine entro il quale i terzi devono trasmettere la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo; 3) Ordina al debitore il deposito, entro sette giorni, dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori; 4) ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione; 5) ordina la pubblicità su Internet della sentenza a la trascrizione nei libri competenti ove vi siano immobili o beni mobili registrati.

Elemento di assoluta novità è la produzione degli effetti naturali della sentenza attraverso il richiamo delle disposizioni di cui agli artt. 143, 150 e 151 CCII in virtù dei quali i rapporti processuali si interrompono, le procedure esecutive e cautelari sono vietate e si apre il concorso dei creditori, circostanze che fanno chiaramente intendere come operi uno spossessamento completo dei beni del debitore al netto di quelli già indicati dall’art. 14 ter L. 3/12 sottratti alla liquidazione e che si concentrano nei beni impignorabili e in quanto stabilito dal giudice a garanzia del mantenimento proprio e della propria famiglia. 

I beni del debitore vengono quindi gestiti dal liquidatore, il quale provvede alla loro liquidazione e al successivo riparto del ricavato tra tutti i creditori concorrenti, nel rispetto della par condicio creditorum. Gli atti compiuti dal debitore e i pagamenti da lui eseguiti o ricevuti dopo l’apertura della procedura sono inefficaci rispetto ai creditori (art. 144, co. 1 CCII).

Lo spossessamento priva il debitore dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni, ma non anche della proprietà degli stessi, che permane fino a quando i beni non saranno venduti a terzi dal liquidatore e comprende tanto i beni del debitore esistentialla data di apertura della procedura quanto i beni che pervengono al debitore durante la stessa, con la differenza che per i beni già esistenti alla data di apertura della procedura l’acquisizione avviene al lordo di eventuali costi e obbligazioni eventualmente contratti prima dal debitore (trattati in sede concorsuale come tutti gli altri crediti anteriori, nel rispetto della par condicio creditorum) mentre per i beni che pervengono durante la procedura devono essere dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione degli stessi, che devono essere soddisfatte con priorità sul valore dei beni in questione e con priorità rispetto ai crediti prededucibili (art. 142, co. 2 CCII).

Il liquidatore, perseguendo la migliore soddisfazione dei creditori, può rinunciare ad acquisire i beni del debitore qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo degli stessi (art. 142, co. 3 CCII). Il bene acquisito alla massa rimane nella disponibilità del debitore ed i creditori possono avviare individualmente azioni esecutive o cautelari sullo stesso.

Il patrimonio di liquidazione è costituito da tutti i beni e diritti che rientrano nel patrimonio del debitore, ad eccezione dei beni personalissimi elencati all’art. 268, co. 4 CCII.

Dal momento dell’apertura della liquidazione controllata la legittimazione processuale del debitore passa al liquidatore relativamente alle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale, con esclusione dei diritti personali e di quelli non compresi nella liquidazione.

Nei confronti dei creditori, con l’apertura della liquidazione controllata si producono i seguenti effetti:

  • dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione controllata nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante la liquidazione, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura;
  • ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o prededucibile ed ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato nelle forme dell’accertamento del passivo;
  • gli interessi per i crediti chirografari sono sospesi a partire dal momento della presentazione della domanda di apertura della procedura.

I contratti pendenti restano sospesi, fino a quando il liquidatore, sentito il debitore, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del debitore stesso, assumendo dalla data del subentro tutti i relativi obblighi, oppure di sciogliersi dal medesimo (salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto). Il contraentepuò mettere in mora il liquidatore, facendosi assegnare dal giudice delegato un termine, non superiore a 60 giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

In caso di prosecuzione del contratto, sono re deducibili soltanto i crediti maturati nel corso della procedura. In caso di scioglimento del contratto, invece, il contraente ha diritto di far valere nel passivo della liquidazione controllata il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno.

L’apertura della liquidazione controllata non produce specifici effetti nei confronti degli atti pregiudizievoli ai creditori compiuti dal debitore prima della procedura.

Nella fase di accertamento del passivo viene stabilito quali creditori e titolari di diritti reali e personali hanno diritto di concorrere sul patrimonio di liquidazione.

I creditori ed i titolari di diritti personali o reali su beni mobili o immobili di proprietà o in possesso del debitore possono presentare domanda di insinuazione al passivo nel termine assegnato con la sentenza di apertura della procedura. Scaduti i termini per la proposizione delle domande, il liquidatore predispone un progetto di stato passivo, comprendente anche un elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore e lo comunica agli interessati.

Entro 15 giorni possono essere proposte osservazioni da parte dei creditori e dei titolari di diritti reali e personali (qualora il liquidatore non abbia riconosciuto in tutto o in parte il loro credito o diritto, o non abbia riconosciuto il diritto di prelazione richiesto) che, se ritenute fondate dal liquidatore, comporteranno la formazione di un nuovo progetto di stato passivo – comunicato a coloro che hanno prestato domanda di ammissione al passivo – il quale sarà suscettibile di nuove osservazioni solo con riferimento ai profili modificati dal liquidatore rispetto al precedente progetto.

In presenza di contestazioni che il liquidatore non condivide, lo stesso rimette gli atti al giudice delegato, il quale provvede alla definitiva formazione del passivo con decreto motivato.

Le domande tardive sono ammissibili (entro e non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo) se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.

Il liquidatore deve amministrare e liquidare i beni che compongono il patrimonio di liquidazione, ai fini della loro monetizzazione in denaro, formando a questo fine ed entro novanta giorni dall’apertura della liquidazione controllata l’inventario dei beni del debitore e redigendo un programma (approvato dal giudice delegato) relativo ai tempi e alle modalità della liquidazione.

Nell’esercizio dei propri compiti e in conformità alle previsioni del programma di liquidazione, il liquidatore venderà i beniincasserà i crediti. Il liquidatore, con l’autorizzazione del giudice delegato dovrà anche esercitare tutte le azioni risarcitorie e recuperatorie che già rientravano nel patrimonio del debitore o che prima della procedura spettavano ai singoli crediti e che quindi per effetto dell’apertura della liquidazione sono attribuite al liquidatore (si applicano le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale, in quanto compatibili, al fine di assicurare il rispetto del principio di competitività funzionale al massimo realizzo).

L’acquirente di un bene da una procedura di liquidazione controllata lo acquista privo di ogni formalità pregiudizievole poiché le vendite nella liquidazione controllata beneficiano del cd. ffetto purgativo, per cui, eseguita una vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice ordina la ancellazione delle iscrizioni elative ai diritti di prelazione, delle trascrizioni dei pignoramentie dei sequestri conservativi.

L’attivo recuperato dalla liquidazione dei beni deve essere distribuito tra i creditori, rispettando l’ordine di prelazione risultante dallo stato passivo.

Alla distribuzione delle somme il liquidatore provvede sulla base di progetti di riparto, parziali o finale (art. 275 CCII). Il progetto di riparto deve essere comunicato al debitore e ai creditori, con termine non superiore a quindici giorni per osservazioni. In assenza di contestazioni, il liquidatore comunica il progetto di riparto al giudice che, senza indugio, ne autorizza l’esecuzione. Se sorgono contestazioni sul progetto di riparto, il liquidatore verifica la possibilità di componimento e vi apporta le modifiche che ritiene opportune, altrimenti rimette gli atti al giudice delegato, il quale provvede con decreto motivato reclamabile.

La chiusura della procedura di liquidazione controllata avviene con decreto del Tribunale e produce i seguenti effetti:

  • nei confronti del debitore viene meno lo spossessamento: il debitore riprende il potere di disposizione e di amministrazione di tutti i propri beni eventualmente residuati dopo la liquidazione, nonché la legittimazione processuale;
  • nei confronti dei creditori cade il divieto di azioni esecutive e cautelari: i creditori – sia anteriori che posteriori all’esecuzione delle formalità pubblicitarie del decreto di apertura – riprendono il libero esercizio dei loro diritti e delle azioni sui beni del debitore per la parte rimasta insoddisfatta dei loro crediti, fermo restando i possibili limiti derivanti dalla esdebitazione.

Infine, come le altre procedure disovraindebitamento, anche la procedura di liquidazione controllata consente al debitore di beneficiare, in presenza di determinate condizioni, dell’importante beneficio della esdebitazione, che consiste nella liberazione dei debiti e nella inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito della procedura, potendosi così egli liberarsi dei propri debiti anche se non integralmente pagati.

Trieste, 2 agosto 2023

Avv. Emanuela Sofia

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