Si alla restituzione del mantenimento corrisposto al figlio se non dovuto per raggiunta autosufficienza economica

Il compimento della maggiore età non esenta l’obbligo dei genitori di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni (art. 147 c.c.).

Tali obblighi sussistono fino a quando il figlio divenuto maggiorenne, non abbia acquisito una stabile indipendenza economica (tenore di vita adeguato e dignitoso attraverso il reperimento di un lavoro stabile) ovvero sia stato posto nelle concrete condizioni per essere autosufficiente ma pur potendo, non si sia attivato almeno per la ricerca di un lavoro in maniera concreta e seria.

Dunque, vige il principio che l’inerzia colpevole dei figli nel reperire una stabile e congrua occupazione che li renda indipendenti dai genitori può comportare la perdita del diritto assistenziale a loro dovuto.

In merito all’individuazione del limite di età del beneficiario individuato quale termine dell’obbligo al mantenimento i criteri da tenere in considerazione si sono via via elasticizzati (il Tribunale di Milano, ad esempio, rilevando che “nell’attuale momento economico ed alla stregua dell’id quod plerumque accidit si deve riconoscere una certa inerzia nella maturazione che porta all’indipendenza dei giovani ragazzi” ha recentemente ritenuto l’età di trentaquattro anni limite “tollerabile”).

Di contrario avviso l’ordinanza della Cassazione n. 32406, 8 novembre 2021, che mitigando l’obbligo dei genitori di mantenere i propri figli fino a quando non trovino un lavoro stabile ed in linea con la propria formazione scolastica e dando maggiore rilievo al principio di autoresponsabilità ha affermato che il figlio ormai trentaduenne che abbia smesso di studiare già da tempo senza però riuscire ad inserirsi nel mondo del lavoro in maniera stabile, perda comunque il diritto ad essere mantenuto dai propri genitori e ciò indipendentemente dal fatto che non sia ancora riuscito a raggiungere l’indipendenza economica.

Il figlio non deve abusare del diritto ad essere mantenuto dal genitore oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura e, se del caso, è tenuto anche a rivedere le proprie ambizioni ed aspirazioni, adeguandole a ciò che di concreto il mercato del lavoro offre, in virtù del sopra richiamato principio di autoresponsabilità.

Nel diverso caso in cui invece il figlio, divenuto indipendente, dovesse poi perdere l’impiego, non vi sarà la possibilità di ripristinare il diritto al mantenimento genitoriale.

Spesso purtroppo il genitore tenuto al pagamento dell’assegno di mantenimento dei figli sospende di fatto il pagamento quando questi diventano indipendenti economicamente, senza richiedere una modifica formale del provvedimento giudiziale o degli accordi di separazione o di divorzio che ratifichi ufficialmente la cessazione dell’obbligo di mantenimento. Il fatto di non addivenire ad una modifica formale può comportare dei rischi. Per esempio si può arrivare a dover adire il Tribunale.

Nella fattispecie in cui il genitore richieda la ripetizione degli arretrati in quanto pagati ma non dovuti per mancanza di causa, la sentenza Cassazione Sezioni Unite, 8 novembre 2022, n. 32914 affronta – incidentalmente – la questione della efficacia retroattiva della revoca e conseguente restituzione del mantenimento per i figli non dovuto.

La sentenza, richiamando un ulteriore giudizio (Cass., sez. I, n. 3659 del 2020) – in cui un ex marito tenuto alla corresponsione alla ex moglie di un assegno mensile a favore delle due figlie maggiorenni non economicamente autosufficienti si era opposto ad un precetto di pagamento per gli assegni insoluti a far data dagli anni in cui le figlie si erano sposate a fronte di un tardivo procedimento di modifica delle condizioni, attivato solo diversi anni dopo e conclusosi positivamente per il ricorrente – evidenzia che Cass., sez. I, n. 3659 del 2020 ha affermato che “in caso di modifica giudiziale delle condizioni economiche del regime post-coniugale, intervenuta in ragione della raggiunta indipendenza economica dei figli, il genitore obbligato può esercitare l’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. anche con riferimento alle somme corrisposte in epoca antecedente alla domanda di revisione, allorché la causa giustificativa del pagamento sia già venuta meno, atteso che la detta azione ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa», precisandosi che, benché l’ex marito debitore si fosse attivato tardi per la modifica giudiziale delle condizioni di divorzio, il suo obbligo doveva ritenersi già cessato allorquando le figlie, contraendo matrimonio, raggiunsero l’indipendenza economica, in quanto «l’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio”.

Nonostante l’art. 2033 c.c. (norma di portata generale) riconosca il diritto per chi abbia eseguito un pagamento non dovuto di ripetere ciò che ha pagato e tale norma “si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa” è principio diffuso e consolidato in giurisprudenza il carattere irripetibile delle obbligazioni di natura alimentare.

L’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato si giustifica solo “ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente in un periodo in cui era noti il rischio restitutorio”.

I generali principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle prestazioni alimentari, infatti, non operano indiscriminatamente, ma implicano che in concreto gli importi riscossi per questo titolo abbiano assunto o abbiano potuto assumere analoga funzione alimentare.

Dunque per la Suprema Corte la revoca dell’obbligo del mantenimento può avere efficacia retroattiva, comportando il diritto di non corrispondere più le somme dal momento della raggiunta indipendenza economica dei figli e/o di avere la restituzione di quanto percepito dopo tale momento.

Trieste, 13 marzo 2023.

Avv. Emanuela Sofia

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