IMPORTANTE DECISIONE DELLA CASSAZIONE IN MATERIA DI USURA BANCARIA: I DECRETI MINISTERIALI SONO FONTE DI DIRITTO
Una recente sentenza della Cassazione civile ha stabilito un’importante principio in materia di onere probatorio ricadente sul risparmiatore in materia di Usura Bancaria.
Infatti, la recente sentenza del 29/11/2022, n.35102 della Cassazione civile ha rivoluzionato la materia: ha sancito, infatti che “I decreti ministeriali con i quali viene effettuata la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi sono atti amministrativi di carattere normativo”
“In tema di usura, i decreti ministeriali pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, con i quali viene effettuata la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, indispensabili alla concreta individuazione dei tassi soglia di riferimento, in virtù del rinvio operato dall’art. 2 l. n. 108 del 1996, costituiscono atti amministrativi di carattere generale ed astratto, oltre che innovativo, e quindi normativo, perché completano i precetti di rango primario in materia di usura inserendo una normativa di dettaglio. Per questo, tali decreti vanno considerati alla stregua di vere e proprie fonti integrative del diritto, che il giudice deve conoscere a prescindere dalle allegazioni delle parti, in base al principio “iura novit curia”, sancito dall’art. 113 c.p.c.” (Massima da Giustizia civile Massimario 2023)
Si tratta di un principio normativo importantissimo: finora l’onere della prova e, quindi del deposito di detti Decreti gravava su chi assumeva di essere parte lesa da un comportamento astrattamente considerato usura bancaria. Ora invece sarà onere del Giudice conoscere autonomamente questi Decreti in quanto considerati vere e proprie norme.
Le conseguenze si rendono evidenti quando si vada a leggere la citata recente sentenza: “Quanto alla mancata produzione in giudizio dei D.D.M.M. recanti la rilevazione del TEGM applicabile nel trimestre di riferimento, l’assunto posto a base della censura, secondo cui tali decreti ministeriali, in quanto atti di natura non normativa ma provvedimentale amministrativa, rientrano nell’onere probatorio a carico della parte attrice, la quale deve quindi provvedere alla loro produzione in giudizio, al pari degli elementi di fatto documentali atti a sorreggere la domanda, non è fondato, per le considerazioni che seguono”.
Vediamo dunque questi pregevoli ragionamenti della Suprema Corte: “Occorre, al riguardo, rilevare che la L. n. 108 del 1996, norma primaria, ha scelto di rinviare ad autorità economico – amministrative, il Ministero del tesoro, ora dell’Economia e delle Finanze, sentita la Banca d’Italia, la definizione degli aspetti prettamente tecnici necessari per dare concreta operatività al precetto penale di cui all’art. 644 c.p.. La L. n. 108 del 1996, art. 2,comma 1, stabilisce, infatti, che “il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari (…) nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione (…) sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale”. La funzione dei decreti in questione è dunque essenzialmente di rilevazione dei dati necessari ai fini della determinazione del tasso soglia, in vista della comparazione, con questo, delle condizioni praticate in concreto dagli operatori.
Orbene, deve riconoscersi ai suddetti decreti ministeriali la natura di norme giuridiche, con la conseguenza che nei loro confronti vale il principio “iura novit curia” e non quello dispositivo.
Il principio “iura novit curia” trova fondamento nell’art. 113 c.p.c., che sancisce la regola per cui il giudice deve decidere secondo diritto con il compito di individuare le fonti del diritto atte a regolare il caso concreto, anche quando esse non siano state introdotte dalle parti, le quali debbono invece allegare e provare gli elementi fattuali del caso dedotto nel processo. Tale principio “laddove eleva a dovere del giudice la ricerca del “diritto”, si riferisce alle vere e proprie fonti di diritto oggettivo, cioè a quei precetti contrassegnati dal duplice connotato della normatività e della giuridicità, dovendosi escludere dall’ambito della sua operatività sia i precetti aventi carattere normativo, ma non giuridico (come le regole della morale o del costume), sia quelli aventi carattere giuridico, ma non normativo (come gli atti di autonomia privata, o gli atti amministrativi), sia quelli aventi forza normativa puramente interna (come gli statuti degli enti e i regolamenti interni)” (Cass. 34158/2019; Cass. 6933/1999).
In altre parole le parti non sono più onerate dell’allegazioni di detti Decreti Ministeriali.
Poi, magari, elementari norme di prudenza processuale e di cortesia suggeriscono comunque di produrli, quanto meno sino a quando questo orientamento della Cassazione non si sarà consolidato.
Trieste, 24 marzo 2023
Avv. Augusto Truzzi